Shabadabada

Quasi un varietà

Da “Petrolineide”
esercitazioni per un comico d’arte
o esercizi sulle forme del comico
Teatro Corte – Coriano (RN) 
novembre 2011 – marzo 2012

con: 
Francesca Airaudo: Olga Shunker 
Giorgia Penzo: Manolita
Mirco Gennari: Oliviero Spadari
Marco Mussoni: Walter Bianchi 
e con: Alex Gabellini e Francesco Tonti 
special guest: Bob Messini
al pianoforte Samuel Panigalli
Costumi Paul Mochrie 
Direzione Tecnica Nevio Cavina 
Movimento scenico Barbara Martinini 
Regia Davide Schinaia

Data di debutto: 23 Marzo 2012

Imitare non è arte, perché se così fosse ci sarebbe arte 
anche nella scimmia e nel pappagallo. L’arte sta nel deformare.

Ettore Petrolini
NOTE

Un grande armadio a muro. Una vecchissima rivista, che è stata un varietà, che è stato cafè chantant. Poi il tramonto di quel teatro popolare al trionfare del cinema e della televisione. Ma quegli artisti sono rimasti là, nell’armadio, consumati e dimenticati, ripassando brandelli di un repertorio che non si ricordano più. Ma non perché non abbiano memoria. Loro la memoria ce l’hanno. È che non hanno più sguardi che stiano lì a comprenderli; gli impresari che li facevano girare son morti tutti ormai. Come vecchi rulli di pianola meccanica corrotti dal tempo, la loro musica arriva tutta sbagliata, anche se, fra le note stonate, ancora si riconosce una specie di melodia. 

Shabadabadà rappresenta un assaggio dal laboratorio “Petrolineide, esercizi sulle forme del comico”, svoltosi fra Riccione e Coriano da Novembre 2011 a Marzo 2012: uno spettacolo completamente diverso dallo stereotipo di Varietà che siamo abituati a immaginare, alla ricerca di una forma nuova, folle, imprevedibile. 

PREMESSA

Quale grande palestra per tutti, l’avanspettacolo! I migliori comici sono usciti proprio da lì…

Isa Barzizza

Così ricorda Isa Barzizza nella prefazione al volume di Massimo Scaglione Saluti e baci, dedicato al varietà e all’avanspettacolo.

Tra le parole di Isa Barzizza, ce ne sono due sulle quali si focalizza la nostra attenzione: palestra e comici.

Cominciamo dall’ultima, il comico, un termine che oggi è distorto e trasformato dalla comicità del cabaret televisivo, che individua un tipo specifico di comico e non esaurisce affatto le totali e complete possibilità di quello che è a tutti gli effetti un attore abile nel praticare il ridicolo. Ed ancora, il termine è tutt’uno con il lavoro del teatro, quando richiama alla mente i tipi e i lazzi della Commedia dell’Arte.

L’altra parola d’interesse è “palestra”, ovvero il luogo dove il corpo si allena, si prepara alla performance. Come se l’avanspettacolo – parente povero del già modesto varietà – non fosse ancora il momento di verifica dell’arte dell’attore, ma ne istituisse il precedente, il lavoro da fare per assurgere alla completezza d’artista. Ed in effetti, basterebbe l’esempio della parabola teatrale di Eduardo De Filippo a rappresentare quello che è stato il paradigma per molti degli artisti italiani di teatro del ‘900.

IL PUNTO

Con il prorompere del varietà televisivo e l’interruzione del rapporto di contiguità con un pubblico autentico e selvatico, i generi dell’avanspettacolo, del varietà e della rivista si sono spenti fino a morire. Lo stesso era accaduto per la Commedia dell’Arte, dissolta dall’avanzare della commedia borghese ben scritta. Salvo poi tentarne la rianimazione con immensi sforzi da parte di artisti moderni e contemporanei che si sono resi conto dell’immensa ricchezza espressiva e del grande potenziale maieutico di questo mondo teatrale.

Non sappiamo se per il varietà teatrale si stia sviluppando un processo analogo, certo è che se ne comincia a sentire la mancanza; i linguaggi del corpo e della maschera, il movimento grottesco, lo spirito mattatore e petroliniano sono in via di estinzione.

L’IDEA

Il nostro progetto si configura come una residenza creativa, strutturata in due settori di percorso. Una prima parte – la palestra–, dedicata allo studio e all’indagine sui testi e i linguaggi del performer di varietà e un secondo momento di prove – il comico – e allestimento di uno spettacolo a partire dalla struttura di questo genere teatrale.

La forma finale dello spettacolo sarà delineata a partire da questi presupposti, ma è bene tenere presente che l’operazione non è tesa in alcun modo alla ricostruzione nostalgica di una forma estinta. L’esito del lavoro potrebbe essere uno spettacolo completamente diverso da ciò che si immagina corrispondere allo stereotipo di varietà che siamo abituati a immaginare, ed invece dare vita ad una forma affatto nuova, folle, imprevedibile.

GALLERIA